venerdì 13 agosto 2010

L'Esercito di Gaia, terzo classificato alla VI edizione del Concorso Letterario Onda d’Arte di Ceriale

Si è svolta domenica scorsa nella piazza della chiesa a Ceriale la cerimonia di premiazione della VI edizione del Concorso Letterario Onda d’Arte.
La serata, pilotata con maestria dall’attore Mario Mesiano, ha visto succedersi Giorgio Caprile, Daniela Bruzzone, Alessandra Ardigò e Simonetta Pozzi che hanno interpretato i brani premiati, accompagnati dalle danzatrici della Scuola “The Dance Studio” sulle splendide coreografie di Irene Ciravegna e Ida Spallanzani. Ospite d’onore la scrittrice ingauna Cristina Rava.
L’evento, organizzato dalla Pro Loco di Ceriale con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Ceriale, ha richiamato oltre 150 scrittori provenienti da tutta Italia. Il concorso era diviso in due sezioni: libri editi indirizzati a bambini e ragazzi e racconti inediti.
Per i libri editi, il primo premio è stato assegnato a Livy Former di Milano per “Marlina dei Misteri”, Edizioni Paoline. Secondo posto a Stefano Mariantoni di Rieti per “Quarto anteriore sinistro” e terzo posto a Giulia Baroni di Ferrara per “L’esercito di Gaia”, Tabula Fati Editore.

http://www.ivg.it/2010/08/13/ceriale-premiate-le-scrittrici-del-concorso-letterario-onda-darte/

domenica 16 maggio 2010

Basta un poco di Dimitri e un pizzico di D'Andrea e la pillola va giù

Ho rimesso piede a casa un minuto e mezzo fa. E sono qui. Qui a non saper bene cosa scrivere, però sto bene qui, davanti al mio pc e con le dita sulla tastiera e stavo bene anche a Torino, tra libri e scrittori. Così come accaduto al Festivaletteratura sono molto contenta di essere andata al Salone del Libro di Torino. Non posso non dire di preferire il festival di Mantova a alla fiera di Torino, ma entrambe le manifestazioni sono comunque da provare, a mio parere.

Diciamo che in Piemonte ad essere centrale è prevalentemente l'editoria intesa come casa editrice, a Mantova invece è l'autore e il suo rapporto con i lettori ad essere centrale.

Ciò detto, in questi due giorni ho avuto modo di esplorare un po' il mio di rapporto con i libri. In particolare ho ragionato sul mio rapporto con i libri altrui. Questo è stato finora un anno molto felice dal punto di vista delle letture, cosa che l'anno scorso non era accaduto.

Cosa c'è di nuovo quest'anno? Quest'anno ho conosciuto (dal punto di vista letterario e non dal punto di vista personale) due autori che mi hanno letteralmente entusiasmato: Gl D'Andrea e Francesco Dimitri. Sia chiaro che non li sto accostando in quanto simili (sono persone diverse che scrivono cose diverse in modo diverso), ma solo perchè li ho "scoperti" più o meno nello stesso periodo e mi hanno appagata e accontentata (sempre dal punto di vista letterario) ben al di là di quelle che erano le mie aspettative. Ero arrivata quasi a non considerare più il genere fantastico, mi ero accostata quasi esclusivamente all'horror, alla narrativa classica e al thriller. In parole povere ero stanca di baby scrittori e anche, lo dico in tutta onestà, del Mondo Emerso. L'ultima trilogia di Licia Troisi non l'ho nemmeno iniziata e non ho intenzione di farlo: non perchè la qualità del lavoro svolto dall'autrice sia calato, ma semplicemente credo sia giunta l'ora di uscire dall'ormai impantanato Mondo Emerso. E' giunta l'ora di dire basta, o almeno questo è il mio pensiero. Per quanto riguarda invece La Ragazza Drago ho poco da dire: il primo non mi è piaciuto e non ho intenzione di comprare i volumi successivi. Potrei riassumere il tutto con un'unica parola: noia. Il fantastico non mi divertiva più, non mi stupiva e non mi sconvolgeva.

Poi qualcuno mi ha sussurrato all'orecchio il nome di Gl D'Andrea. Per mesi non ho ascoltato quel sussurro. Poi, chissà perchè, ho detto "ok, proviamo". Ed è stata una scelta incredibilmente azzeccata. Poi, lo stesso sussurro mi ha dato un altro nome: Francesco Dimitri. Stavolta ho ascoltato subito, e ho letto Pan. Altra scelta giustissima.

Infine sono arrivati il secondo volume di Wunderkind e la nuova fatica di Dimitri (Alice nel Paese della Vaporità). E qui si è scatenato l'entusiasmo. Sono due opere che mi sento di classificare come eccellenti, due opere che mi hanno convinta al 100%, due opere che, udite udite, non mi hanno solo divertita ma anche stupita. Ho letto qualcosa che non credevo di poter leggere, che non sapevo esistesse e che può davvero cambiare il futuro del fantastico. Se io avessi due cent da puntare, li punterei su Gl D'Andrea e Francesco Dimitri. Chiaro che ora le mie aspettative sono altissime, e quindi di libro in libro divento una lettrice sempre più esigente. Chiaro che mi aspetto da questi due autori qualcosa di diverso ogni volta, qualcosa di più (più nuovo, più entusiasmante, più tutto) ogni volta. Ogni volta, mi aspetterò di leggere la parola FINE sui loro romanzi e sentirmi come mi sento adesso: entusiasta e fiduciosa.

La mia è quasi una pretesa: non li voglio vedere impantanarsi a lungo sui mondi creati finora, non li voglio vedere scrivere di tutte le generazioni future dei loro personaggi. Ogni volta qualcosa di nuovo. Chiedo troppo? Di certo chiedo moltissimo. Ma da quel poco (pochissimo) che posso (pretendere di) aver capito dalle loro parole (su blog, interviste, fb ecc...) credo di chiedere la stessa cosa che chiedono a loro stessi.

Stupitemi. Anzi, stupitemi ancora. Grazie.

giovedì 13 maggio 2010

Non lasciarmi qui.


Batuffoli di pelo scodinzolanti, saluti fatti di versi incomprensibili, baci umidi.

Ciotole piene, acqua rovesciata, cucce rassicuranti.

Lunghe passeggiate, biscotti di marca, carezze a volontà.

Terapie, inserimenti, recuperi.

Le mie e le vostre giornate sono fatte di questo e altro. Finchè stiamo insieme.

Poi devo andare via, devo andare a casa. Voi no, voi siete ancora lì.

Ogni volta è più difficile, ogni volta mi dico che manca un giorno in meno, che, forza!, un’altra settimana è passata e prima o poi quella maledetta casa sarà finita.

Esco dal vostro box - un box grande, sì, un box protetto, sì, un box accogliente, sì, ma pur sempre un box – e vedo te, Cody, che paziente e saggio come ogni cane della tua età (hai 9 anni, dicono, ma secondo me ne hai meno) ti sdrai sulla brandina e mi guardi pieno di gratitudine e di aspettative. Fai bene ad avere delle aspettative: l’hai capito, vero? L’hai capito che ti porterò a casa. Non hai fretta tu, che hai passato tutta la vita a Napoli, in un posto piccolo e sporco, senza passeggiate, senza cure. Le tue zampe storte testimoniano la poca mobilità, la tua leishmania prova le poche, forse inesistenti, attenzioni igienico-sanitarie. Poi con l’aiuto e il sostegno di altre persone meravigliose ti ho portato quassù. Quassù è pur sempre un canile, ma è un posto meraviglioso per te, che non avevi mai ricevuto tante attenzioni.

Esco da tuo box e i tuoi mi dicono: “Ti aspetto.”

Giusy, tu ancora non sei saggia, non sei paziente: tu sei una cucciola di poco più di un anno. Sei esuberante, piena di energia, eccitata. Esco dal vostro box e tu ti aggrappi alle sbarre. No, non con disperazione, non con rassegnazione, non con tristezza.

Non sei più lo straccetto di pelo e ossa con la coda mozzata che hanno portato al rifugio in giugno 2009. Eri inavvicinabile, dicono. Uno sgrorbietto piccolo ma pieno di rabbia. Ringhiavi a chiunque, la bava alla bocca, due file di denti bianchi bene in vista. Tremavi nel tuo angolo. Ma non era cattiveria la tua. No, era terrore, diffidenza, istinto di sopravvivenza. Cosa ti avevano fatto per ridurti così nessuno lo sa. Non importa, è passato tutto. Ora sei vivace e fiduciosa, un po’ irruenta ma contenibile. L’opposto di Cody, e forse per questo siete una coppia perfetta. 25 kg l’uno: 50 kg di trascorsi diversi ma con un presente in comune e un futuro da trascorrere con me e Davide.

Quando esco dal vostro box i tuoi occhi, Giusy, mi dicono: “Non lasciarmi qui.”

L’hai imparato bene, maliziosa e sveglia some sei, che se mi allunghi la zampa fuori dalle sbarre e mi guardi dicendomi così, io torno indietro, tardando il mio ritorno verso casa di altri dieci minuti.

E Cody, vecchietto ma arzillo, ti imita.

Tranquilli, non vi lascio qui. Voi aspettatemi.

lunedì 10 maggio 2010

Io, Esbat e le "robe giapponesi".

Non è mia abitudine stroncare un libro solo perchè non mi è piaciuto, perciò non lo farò, dirò solo che ho abbandonato la lettura di V.M.18 e ho iniziato Esbat.

Riprenderò V.M.18 prossimamente, magari dopo Saramago e Dazieri, quando forse non sarò più fortemente influenzata dalle altissime aspettative che mi ero creata nei confronti di questo romanzo.

Parliamo di Esbat, invece. Non esporrò un’articolata opinione perché non l’ho ancora finito, posso però dire che finora mi piace molto.

A rallentarmi, oggettivamente, è la mia davvero scarsa (quasi inesistente) cultura in ambito anime e manga (e tutte le “robe giapponesi”). Nella mia ignoranza credo di aver indovinato nel manga-anime Hinuyasha (che probabilmente non si scrive così, ma dato che si capisce lo stesso non perdo tempo a cercarlo su google) l’origine di questo romanzo che poi è una fanfiction.

Ok, di Hinuyasha so qualcosa dato che mi è capitato di vederne qualche puntata su MTV. Mi ricordo che c’era Kagome, un demone volpe, una sfera dei 4 spiriti che non ho mai capito bene cosa fosse e a cosa servisse, una tipa che è morta 5 o 6 volte che faceva (fa?) la sacerdotessa e vari altri personaggi di contorno, tra cui il cattivissimo cattivo che a un certo punto si trasforma in due neonati (uno buono e uno cattivo). Poi, ovviamente, c’è il mezzo demone e protagonista Hinuyasha che ha un fratello demone che non mi ricordo come si chiama (e che mi pare essere lo stesso che va a letto con la Sensei in Esbat).

Tutto ciò ha in realtà poco a che fare con Esbat, la cui storia si snoda su vicende diverse.

Dove sta la mia difficoltà? Non saprei indicare una motivazione scatenante (beh, i nomi giapponesi e gli optional sempre giapponesi e impronunciabili non aiutano), ma è oggettivo che quando siamo in ambito manga o anime io mi sento un pesce fuor d’acqua. Annaspo davvero, stando a galla sì, ma con fatica. E’ un po’ come essere in mare: non so nuotare ma stranazzo, il risultato è che per fare 2 metri uso il fiato che un mediocre nuotatore userebbe in 2 vasche.

Così, arrivata al momento in cui la protagonista di Esbat (Sensei...ma avrà anche un nome?) incontra il suo demone, devo tornare a rileggere tutto il primo capitolo per capire cosa diavolo le sta rinfacciando e perché diavolo prima la vuole sbudellare e poi le regala il più bell’orgasmo della vita. Poi ho capito, ma mi sono dovuta aiutare con una specie di schemino. E il problema, ne sono certa, non sta nella scrittura dell’autrice (Lara Manni) ma nella mia testa. Prendiamo, ad esempio, Full Metal Alchemist: un anime che mi risulta essere tratto da un manga. Io non ci provo proprio a entrare nella storia. Nella mia testa la filosofia di queste opere si annacqua, poi si sgretola, poi sparisce. Devo avere una specie di filtro nel cervello che mi impedisce di capire le storie, di capire i personaggi e di tenere a mente quel poco che credo di aver capito ma che probabilmente ho frainteso. Avete presente la scimmietta che sbatte i piatti nel cervello di Homer Simpson quando lavora? Ecco, a me succede la stessa cosa davanti a manga/anime, e non so il perché. C’è qualcosa che mi affascina, che mi prende e che mi trascina, ma c’è qualcosa, qualcosa di chiaramente più forte, che non mi consente di avere un vero feeling.

E la cosa triste, in tutto questo, è che ho la netta sensazione di perdermi qualcosa di davvero piacevole. Esbat non fa che acuire questa sensazione.

martedì 4 maggio 2010

Romanzi passati, presenti e futuri

L'esercito dio Gaia è uscito negli scaffali delle Ipercoop di Ferrara: 40 copie in tutto, venti in un ipermercato e 20 nell'altro. Bene, sono contenta: almeno un po' di visibilità!

Oggi sono andata a comprare pollo e patatine per la cena e ovviamente sono passata dal reparto libri: dovevo vederle, le mie 20 copie!

La copertina è stata ritoccata e devo dire che è migliorata: il giallo della cornice e della scritta attira parecchio lo sguardo, soprattutto dei bimbi. Il problema era il posizionamento: un espositore (grande, devo dire) dedicato interamente agli scrittori ferraresi. Male, molto male. Ai ferraresi non frega niente degli scrittori concittadini, perchè di sicuro sono delle mezze seghe (dicono loro) (i ferraresi, intendo).

Ho preso tre copie e le ho messe di fianco a Geronimo Stilton, nel reparto per ragazzi.

Vedremo se il mio personale modo di fare marketing avrà più riscontro della fantasmagorica idea delle Ipercoop di fare un espositore apposito per i ferraresi.

Al momento non ho invitato amici e parenti e affini a comprare il mio libro: non avrebbe un gran senso, non è questo che uno scrittore vuole. Cosa vuole uno scrittore non mi è chiaro (no, Val, non credo sia la fama. Non solo la fama, almeno), ma di certo non vuole costringere amici e parenti e affini a comprare un libro che poi non leggeranno. Lo lascio lì a decantare: se venderà è perchè a qualcuno è piaciuto e magari l'ha detto a un altro, se non venderà può essere per parecchi motivi, uno dei quali la mancanza di appeal del libro.

Intanto "Il salvatore di anime" (che non dovrà mai nemmeno avvicinarsi allo scaffale di Geronimo Stilton, pena l'invio di un Caghoulard in libreria) è ufficialmente finito: non ci metto più le mani, non ritocco più i nomi, né il titolo, né sistemerò ulteriormente la trama. Il cordone ombelicale è stato tagliato, forse un giorno il io secondogenito letterario emetterà anche il primo vagito, chissà.

Non credo lo invierò a molte case editrici: forse 3 o 4, giusto per non sentirmi dire "non ci hai nemmeno provato". Opterò per strade diverse da quelle intraprese con L'esercito di Gaia; in primis lo metterò su internet non appena il sito sarà terminato, in secondo luogo ho contattato le uniche due agenzie letterarie che non chiedono denaro per valutare gli inediti. Se ne troverò altre, lo manderò anche a loro.

Dopo l'estate valuterò se spedirlo a qualche concorso letterario, ma di norma la presenza di un testo su internet implica l'esclusione da questo genere di cose.

Intanto procede il terzo romanzo, ormai a buon punto. E' una storia che nulla ha a che vedere col fantastico, anzi. Purtroppo tratta di temi reali: vivisezione, maltrattamento di animali, combattimenti illegali e altro ancora. A raccontare le vicende è la protagonista, perciò è scritto in prima persona, per di più al presente. Una sfida notevole per me, che ho sempre scritto in terza persona e al passato. Ovviamente non ho idea di quale sarà il titolo (avevo pensato a E.L.A. - esercito liberazione animali, ma pare riscuota ben pochi consensi), ma per quello c'è tempo. So già che mi serviranno minimo tre stesure.

Continuo a scrivere, quindi. Il perchè non lo so e non mi interessa.

martedì 20 aprile 2010

Giustizia

Credo di conoscere i cani, di poter prevedere le loro reazioni. Invece no, loro mi stupiscono.

Forse l'avete visto, a Striscia, il servizio su quel casolare di Cuneo nel quale un ragazzone di 200 kg teneva (tiene??) gli animali in condizioni terribili, senz'acqua, senza cibo, a catene cortissime e senza riparo.

Il mitico Edoardo Stoppa alla fine del servizio ha ottenuto la liberazione dalla catena dei cani. E queste bestiole che hanno passato l'inverno legate, sotto la neve e senz'acqua, cos'hanno fatto appena liberate? Le feste. Sì, hanno preso a saltare e scodinzolare intorno ai carcerieri, ai torturatori, agli schifosi bastardi.

Perchè poi il cane è così: riconoscente, anche quando non avrebbe motivo di esserlo. Hanno a modo loro ringraziato il "padrone" per il meraviglioso dono della libertà, senza capire che la libertà non è un dono ma un diritto. Erano felici, quei cani.

Ma io voglio vederli felici lontani da lì, da quel ragazzone e da quel posto schifoso. Loro sono felici, ma a me non basta. Io vorrei un po' di giustizia. Giustizia per quei cani, per i bambini violati, per me, per le persone cui voglio bene. Giustizia per tutti coloro che stanno male e non lo meritano. Giustizia, se non umana, almeno divina.

martedì 13 aprile 2010

Week end con l'editor

Vi dirò qualcosa che io avrei voluto dicessero a me: se il vostro editor è donna, madre e moglie e quindi probabilmente una buona cuoca, e un bel giorno vi invita per un fine settimana a casa sua, beh, prima di partire osservate 3 giorni di digiuno; eviterete così di ingrassare 1 kg in 3 giorni.

Ciò detto, passiamo a qualcosa di molto piacevole.

Il paesaggio: ero a Buja, località collinare in provincia di Udine. In quei tre giorni, là, è stato primavera a tutti gli effetti: il venerdì c’erano 25 gradi, il sole ci ha sempre fatto l’occhiolino e ho potuto godere appieno dei doni che la natura riserva a chi passa da quelle parti.

Credo davvero che il contesto naturalistico abbia dato un impulso non indifferente alla mia scrittura. Sono infatti partita con il portatile, ma poco fiduciosa: ero arrivata a un punto del romanzo abbastanza critico, nel quale la vicenda si doveva snodare in una qualche direzione ma nessuna di quelle intraviste fino a quel momento mi soddisfaceva. Eppure, già il secondo giorno, mi sono seduta alla scrivania di Mattia (figlio ventenne di Silva, la mia editor, ovvero la mai madrina), ho acceso il pc e senza nessunissimo sforzo il mio personaggio ha creato una situazione nuova, inaspettata e che mi aggrada ben di più di quelle che mi ero prospettata prima di partire. Il tutto senza il minimo piano: semplicemente mi sono seduta e ho scritto senza sapere cosa sarebbe saltato fuori. Grazie quindi alle colline di Buja e all’ospitalità di Silva, che hanno incnsapevolmente sciolto i nodi della mia trama.

Ho potuto bearmi di un contesto nel quale si può parlare di cinema e letteratura con toni che passavano dall’ironico al serio passando per il critico: tutte le declinazioni del piacere, per quanto mi riguarda.

Ho visto posti molto belli, a volte tristemente sfregiati non solo dal terremoto degli anni 70 che ha lasciato cicatrici, ma anche da una certa dose di menefreghismo e ignoranza tipici non tanto dell’uomo quanto dell’uomo politico. Insomma, ero pur sempre in Italia, no?

Il cibo è di certo stata un’altra piacevole parentesi: Silva non ha mancato di mettere in tavola pietanze friulane, tanto buone quanto caloriche, ma ne è valsa la pena, ve l’assicuro.

In tutto questo la mia editor ha anche trovato il tempo di fare una presentazione della sua raccolta “Racconti dal Sottobosco” (collana Fiabetica, la stessa de L’esercito di Gaia), che è stata un successo: tanti bambini in sala, ma anche tanti adulti che hanno gradito le letture ben gestite dai volontari con copricapo a tema e accompagnamento musicale. E non poche copie sono state vendute: anche questo è un successo, dico bene?

Il ritorno a casa non mi lascia solo 1 chilo in più in corpo e qualche specialità friulana in frigo: mi lascia anche un’esperienza stimolante e piacevole, condivisa con persone squisite. Su di loro non mi dilungherò oltre: ci sono cose che anche uno scrittore preferisce tenere per sé.